Prove che dimostrano l’antica provenienza del piatto sono tuttora incerte e al riguardo esistono diverse ipotesi, la più accreditata delle quali riconduce la sua comparsa, come Gricia e Amatriciana, ad un’origine laziale. Leggendo però quanto riportato da varie fonti un po’ di dubbi restano.
Ipotesi appenninica
Il piatto sarebbe stato “inventato” dai carbonai (carbonari in romanesco) i quali lo preparavano usando ingredienti di facile reperibilità e conservazione. Infatti per realizzare la carbonella era necessario sorvegliare la carbonaia per lungo tempo e quindi era importante avere con sé i viveri necessari.La carbonara in questo caso sarebbe l’evoluzione del piatto detto cacio e ova, di origini laziali e abruzzesi, che i carbonari usavano preparare il giorno prima portandolo nei loro “tascapane” e che consumavano con le mani. Il pepe, che non ha alcun tipo di riferimento o connessione con la fuliggine, era già usato in buona quantità per la conservazione del guanciale, grasso o lardo usato in sostituzione dell’olio, troppo caro per i carbonai. L’origine abruzzese-appenninica di questo piatto trova un’altra conferma nel nome stesso di questa pietanza. Il termine “Carbonada” in Abruzzo si riferisce alla pancetta, ovvero carne di suino salata e cotta sui carboni.
Ipotesi alleata
È un dato di fatto che la carbonara non viene citata nel classico manuale di cucina romana di Ada Boni, edito nel 1930. Prende corpo allora la teoria più affascinante, che spiegherebbe l’assenza di tracce nella tradizione popolare, facendo risalire la carbonara al periodo della liberazione di Roma da parte degli alleati, tesi ancora più veritiera dal momento che la ricetta era sconosciuta a Roma prima della guerra.
Così descrive questa ipotesi l’enciclopedia della gastronomia di Marco Guarnaschelli Gotti:
“quando Roma venne liberata, la penuria alimentare era estrema, e una delle poche risorse erano le razioni militari, distribuire dalle truppe alleate; di queste facevano parte uova (in polvere) e bacon (pancetta affumicata), che qualche genio ignoto avrebbe avuto l’idea di mescolare condendo la pasta.”
Difatti, il piatto viene ricordato per la prima volta nel periodo immediatamente successivo alla liberazione di Roma nel 1944, quando nei mercati romani apparve il bacon portato dalle truppe alleate. Questo spiegherebbe perché nella carbonara, a differenza di altre salse come l’amatriciana, pancetta e guanciale vengono riportati spesso come ingredienti equivalenti. Secondo questa tesi, sembrerebbe che durante laseconda guerra mondiale i soldati americani giunti in Italia combinando gli ingredienti a loro più familiari che riuscivano a reperire, e cioè uova, pancetta e spaghetti, preparandosi da mangiare, abbiano dato l’idea ai cuochi italiani per la ricetta vera e propria che si svilupperà compiutamente solo più tardi.
La ricetta resta per un po’ molto “fluida”, tanto che vari ristoranti negli anni ‘50 cercavano di offrire quel piatto, non ancora codificato e di fresca origine, personalizzandolo e variandolo un po’.
Tra le guide ai ristoranti del 1957,nella “Eating in Italy: a pocket guide to Italian food and restaurants”, ad uso e consumo dei turisti americani in Italia, la Carbonara è citata più volte, e come ingredienti riporta le uova, il formaggio (non specificato) il bacon (l’ingrediente americano più simile al guanciale o la pancetta),ma alternativamente anche il prosciutto. Non è mai menzionato il pepe. Se veniva aggiunto non era sicuramente un ingrediente caratterizzante come oggi. Un po’ come l’aggiunta del sale: non si indica nemmeno. A volte nella preparazione è indicato il burro, oltre al guanciale.
Ipotesi napoletana
Un’ultima ipotesi ricondurrebbe l’origine della ricetta alla cucina napoletana. Questa tesi individua in alcune ricette presenti nel trattato del 1837 Cucina teorico-pratica di Ippolito Cavalcanti una possibile origine della pietanza. Va anche osservato a supporto di questa ipotesi come nella cucina popolare napoletana, unica tra le cucine regionali italiane, sia pratica comune condire alcune pietanze, con una tecnica e con ingredienti identici a quelli della carbonara. Essa consiste nell’aggiunta post-cottura di uno sbattuto di uova, formaggio, e pepe. Questa stessa tecnica, che tuttavia compare anche in alcuni ricettari napoletani precedenti all’opera del Cavalcanti, è ancora largamente adottata nella preparazione di alcune ricette, tra le quali: pasta e piselli, pasta con zucchine, trippa alla “pasticciola” e spezzatino di carne con piselli.